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"Idi", idus in latino , era il nome con cui veniva indicato il giorno a metà mese (il 15 per marzo, maggio, luglio e settembre, il 13 per gli altri mesi) nel calendario romano e con le Idi di marzo sono diventate celebri perchè il 15 marzo del 44 a. C. avvenne l'evento che cambiò la storia di Roma e del mondo: l'assassinio di Giulio Cesare, ad opera di un gruppo di senatori, e l'inevitabile fine della Repubblica e l'emergere di quello che divenne poi il primo Imperatore di Roma: Ottaviano Augusto.
Dopo la morte di Crasso nel 53 a.C. a Carre si andò progressivamente incrinando l'alleanza politica con Pompeo Magno il quale si fece interprete delle tendenze conservatrici del senato osteggiando l'operato di Cesare nelle Gallie.
Nonostante i tentativi di mediazione da ambo le parti, fu impossibile giungere ad una soluzione di compromesso, e il 10 gennaio del 49 a.C. Cesare attraversò in armi il fiume Rubicone, il fiume che delimitava il confine all'interno del quale non era consentito che un generale marciasse in armi.
Fu un vero e proprio atto di guerra di Cesare contro la Repubblica: gli ottimati si strinsero attorno a Pompeo che lasciò l'Italia per trasferire le sue forze nella penisola balcanica. Cesare, assicuratosi il controllo di Roma e sconfitte in seguito le forze pompeiane in Spagna, raggiunse il rivale sulle coste dell'attuale Albania, dove fu sconfitto a Dyrrhachium; i due eserciti si scontrarono poi nuovamente, nell'agosto del 48 a.C., presso Farsalo, in Tessaglia, dove Cesare ottenne la decisiva vittoria sul rivale.
La definitiva sconfitta della fazione pompeiana procurò a Cesare le antipatie di buona parte dei sostenitori della Repubblica, che temevano l'instaurazione di un regime a carattere monarchico, che sarebbe risultato inviso a tutti i Romani.
Ma anche le tendenze al potere autoritario di Cesare, il protrarsi delle guerre civili, le pressioni dei gruppi anticesariani interni al senato e le rivalità esistenti tra gli stessi componenti dell'ambiente cesariano crearono una situazione favorevole allo sviluppo di progetti di congiura che dovevano risolversi con l'uccisione del dittatore.
Inoltre, la congiura sembrava del resto facile, in quanto Cesare, considerandosi ormai intoccabile dopo la vittoria nella guerra civile contro Pompeo e dopo che il Senato aveva giurato di proteggerlo, aveva congedato i duemila ispanici della sua guardia personale.
Gli aderenti alla congiura e i fiancheggiatori furono una sessantina mentre i cesaricidi veri e propri furono non più di una ventina, tutti pretori o senatori, tranne un consolare, e pugnalarono 23 volte Cesare, che, secondo la tradizione storiografica, morì ai piedi della statua del suo vecchio nemico, Pompeo Magno.
Tra i cesaricidi si annoverano i celebri Bruto (Marco Giunio Bruto, figlio di Servilia Cepione, amante di Cesare) e Cassio (Gaio Cassio Longino, che era riuscito a sopravvivere alla disfatta di Carre ed era poi divenuto uno degli ufficiali di Pompeo a Farsalo).
La morte di Cesare non servì però ad arrestare il processo ormai irreversibile della fine della Repubblica. La morte del dittatore innescò infatti una serie di eventi che portarono all'emergere di Ottaviano, figlio adottivo ed erede di Cesare, che dopo aver combattuto la guerra civile contro Marco Antonio (che era stato stretto collaboratore del defunto dittatore), pose fine alla Repubblica e instaurò il Principato.
E poi, il 16 gennaio del 27 a.C. venne eletto primo Imperatore di Roma con il titolo di Augustus. |